Skip to main content

Dottore commercialista - Segnalazione Operazioni Sospette del cliente depositario scritture contabili tenute in modo irregolare

Sentenza del Tribunale di Roma n. 10339/2018


Nella vicenda in disamina, oggetto di sentenza da parte del Tribunale di Roma nel 2018, l'ispezione antiriciclaggio aveva coinvolto un dottore commercialista in seguito a un controllo fiscale eseguito su una società di capitali delle cui scritture contabili il commercialista risultava il depositario.

La società, attiva nel settore del recupero metalli, effettuava acquisti da venditori privati i cui pagamenti, spesso di modesta entità se considerati singolarmente, venivano di frequente regolati in contanti.

I militari avevano contestato al professionista la mancata segnalazione di operazioni sospette che, considerate nella loro globalità e in un periodo pluriennale di osservazione, avevano un importo di estrema rilevanza, dell'ordine di svariati milioni di euro. Contro l’ordinanza-ingiunzione emessa dal Ministero il commercialista aveva presentato ricorso, eccependo le seguenti doglianze:

 

1. L'intervenuta decadenza del diritto a procedere per decorrenza del termine indicato all’art.14 L.689/1981, in quanto tra il completamento delle indagini e la notifica dell’illecito erano decorsi più di novanta giorni;

2. L'infondatezza della pretesa sanzionatoria, in quanto alla società cliente non era stato contestato alcun reato di riciclaggio e per il fatto che la provenienza del denaro contante impiegato nei successivi pagamenti era di origine bancaria e pertanto tracciata.

 

In subordine, il professionista chiedeva la riduzione della sanzione al minimo edittale ovvero all’importo base determinato dalla legge per ciascun tipo di violazione.
Per quanto atteneva il primo motivo, concernente la tempestività della notifica del verbale di contestazione ai sensi dell'art.14 della L.689/1981,  l’accertamento era stato ultimato nei confronti della società cliente ben oltre i novanta giorni previsti dalla legge per la contestazione, ma il Tribunale ha giustamente rilevato che non poteva considerarsi l'accertamento eseguito nei confronti del professionista opponente concluso nello stesso momento in cui gli operanti avevano portato a termine la verifica fiscale sulla società cliente; i due eventi non potevano ritenersi correlati, tanto più che la verifica fiscale svolta nei confronti del cliente era stata condotta da un diverso Nucleo della Guardia di Finanza che agiva con la qualifica di Polizia tributaria, rispetto a quello appositamente delegato successivamente dal Nucleo speciale di Polizia valutaria, il quale invece aveva condotto le indagini nei confronti del professionista.

In merito al secondo motivo di doglianza, il Tribunale ha ugualmente respinto l’eccezione per infondatezza delle argomentazioni difensive in ordine alla mancanza del presupposto della provenienza criminosa del denaro impiegato nelle operazioni non segnalate.

Il professionista, infatti, ha sempre il dovere di effettuare valutazioni critiche sia in presenza di clientela consolidata che di clientela occasionale; la normativa prevede, a riguardo, l’esigenza di collaborazione attiva degli intermediari finalizzata alla prevenzione di fenomeni criminosi, con conseguente rilevanza, ai fini dell'attualità dell'obbligo della collegata segnalazione, anche solo del mero, semplice, sospetto, e questo indipendentemente dal fatto che il professionista si trovi, in seguito, di fronte a fenomeno non classificabile come riciclaggio.

Anche la doglianza circa la provenienza bancaria del denaro contante utilizzato non aveva assolutamente colto nel segno, poiché le movimentazioni di cui si trattava erano state effettuate dopo l'uscita del contante dal circuito bancario.  Quindi, evidentemente, l’unico attore che avrebbe dovuto effettuare la segnalazione di operazione sospetta sarebbe stato il professionista al quale era stata delegata la tenuta della contabilità ordinaria del cliente; il commercialista incaricato, sottolinea la sentenza, risultava altresì il “tenutario” presso l’Agenzia delle Entrate delle relative scritture contabili, aspetto, questo, sempre di rilevante importanza al fine della selezione dei soggetti da sottoporre ad indagine da parte degli operanti.

Per quanto atteneva l’esame del merito della pretesa sanzionatoria il Tribunale rilevava, oltre all’ingente mole di movimentazione in contanti, il fatto che l’obbligo di segnalazione per i professionisti fosse iniziato il 22.04.2006, con la finalità evidente di garantire la collaborazione degli intermediari e di determinate categorie di professionisti nel contrasto ad operazioni di occultamento di attività illecite; ciò premesso, tali professionisti, così responsabilizzati, non possono prescindere dal compimento di indagini preliminari dalla chiara e discendente funzione preventiva.

A decorrere dal 22.04.2006 il suddetto obbligo di segnalazione ha iniziato ad operare, tra gli altri e per quanto qui interessa, anche per i soggetti iscritti nell'albo dei ragionieri e dei periti commerciali (esperti contabili), nel registro dei revisori contabili, nell'albo dei dottori commercialisti e nell'albo dei consulenti del lavoro. Tutti questi soggetti devono inviare all’UIF una segnalazione di operazione sospetta quando sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Il sospetto deve essere desunto dalle caratteristiche, dall'entità, dalla natura dell'operazione o da qualsivoglia altra circostanza conosciuta in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica e dell'attività svolta dal soggetto cui è riferita, in base agli elementi a disposizione dei segnalanti, acquisiti nell'ambito dell'attività svolta ovvero a seguito del conferimento dell'incarico.

Di considerevole "allarme" doveva essere il fatto che il cliente emettesse in modo continuativo "autofatture" (regolate e comunque ammesse dalla vigente normativa fiscale ai fini IVA), finalizzate all'acquisto di rottami ferrosi, ma compilate in modo irregolare in quanto del tutto prive di nominativo dei cedenti, località di ritiro della merce, modalità di ritiro e trasporto, data e modalità di pagamento (che avveniva in contanti prelevati con cadenza giornaliera presso vari istituti di credito ove la società era titolare di conti).

Il pagamento delle autofatture avveniva, come precisato, tramite contanti prelevati per ingenti importi da conti opportunamente alimentati con assegni per le corrispondenti somme.

Secondo il Tribunale tali elementi rendevano evidenti, anche per soggetti non dotati della specifica professionalità dell'opponente, macroscopici indici di anomalia presenti nelle operazioni di cui alla documentazione affidata alla gestione del professionista.

Secondo il Tribunale, un ulteriore grande ostacolo alla tracciabilità era rappresentato non solo dall'uso del contante, ma anche dal ricorso ad un notevole numero di conti bancari aperti presso vari istituti.

Il Tribunale rilevava, quindi, non solo la configurabilità degli elementi oggettivi dell'illecito sanzionato ma anche la gravità dell'elemento soggettivo, attesa la sistematicità dell'acritico avallo tecnico contabile offerto ad un siffatto modus operandi.

Sovveniva, tuttavia, in aiuto al ricorrente la modifica apportata al d.lgs.231/2007 da parte del d.lgs.90/2017 in vigore dal 5.07.2017, che ha modificato il regime sanzionatorio previsto dall'art.58 del d.lgs.231/2007 per la mancata segnalazione di operazioni sospette, prima punite con sanzione in percentuale a quanto non segnalato, attualmente con una sanzione da 30.000,00 a 300.000,00 che ha consentito, pur con l’applicazione del massimo previsto, un notevole ridimensionamento di quanto ipotizzato in sede di PVC dai militari, trattandosi di alcuni milioni di euro.