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Dottore commercialista e Banca – Il presumibile illecito fiscale non è sufficiente per l’obbligo di segnalazione.

Sentenza della Corte di Appello di Roma n. 6156/2021


Nella Sentenza n. 6156 del 2021, la Corte d'Appello di Roma, nel ribaltare quella emessa in precedenza dal Tribunale, ha dato un'interpretazione utile, oltre che per gli istituti bancari, anche per i professionisti contabili, che spesso seguono imprese individuali titolari di conto corrente "censito" erroneamente dalla banca come "soggetto consumatore", quando invece agiscono come impresa, nonché di "privati-soci" (come nel caso in esame) che fanno un uso "disinvolto" del conto personale facendovi transitare la movimentazione relativa alla propria attività commerciale.

Nella vertenza in questione a un funzionario di banca – e in via solidale al relativo istituto di credito – era stata irrogata una sanzione per mancata segnalazione di operazioni sospette, effettuate su di un conto privato.

In prima istanza il Tribunale pur avendo considerato la catalogazione del cliente sotto la dicitura “famiglia consumatrice” (di solito assegnata a soggetti che non producono reddito) una mera “svista” della banca rispetto ad un soggetto che gestiva invece varie attività imprenditoriali, aveva ritenuto comunque anomala la movimentazione in contanti e in assegni sul conto personale relativa al periodo osservato nell’ispezione e aveva confermato la sanzione irrogata per mancata segnalazione di operazioni sospette.

La CdA, invece, ha posto attenzione sulla persona coinvolta e sulla documentazione in atti, con particolare riguardo al fatto che questi era cliente da un numero di anni tale da consentirne l'approfondita conoscenza di soggetto operante nel settore del commercio industriale su scala nazionale, con bilanci di rilevante entità; di conseguenza, si trattava di un soggetto dal profilo economico solido e significativo, oltretutto non gravato da alcun evento pregiudizievole. In tale contesto, la movimentazione di conto non appariva sintomatica di un’attività usuraria, né di conseguenza “spia” di attività di riciclaggio.

Nonostante la notevole movimentazione di assegni (sostanzialmente in equilibrio tra accrediti e addebiti) denotasse la sussistenza di un’attività imprenditoriale anziché personale, la Corte ha abbandonato l'ipotesi di anomalia ai fini della normativa antiriciclaggio, ritenendo che le irregolarità andassero collegate ad illeciti di natura fiscale volti all’evasione e all'elusione delle imposte piuttosto che al reimpiego di proventi di un’attività delittuosa. 

Il ricorso è stato accolto, il decreto sanzionatorio annullato e le spese legali compensate per l'inesattezza della banca in merito all'errore di censimento del conto corrente in oggetto.