Skip to main content

Commercialista e Centro elaborazione dati. Responsabilità per omessa segnalazione di operazioni sospette

Sentenza del Tribunale di Roma n. 1580/2021


A un commercialista e al suo centro elaborazione dati contabili era stata irrogata dal Ministero un'ingente sanzione per omessa segnalazione di operazioni sospette.

La vicenda riveste particolare interesse in quanto l'accusa si è focalizzata su alcuni indicatori di anomalia e in particolare:

il cliente era accompagnato da altre persone, il cui ruolo non era stato accertato;

i clienti coinvolti erano di nazionalità straniera;

la tipologia delle operazioni realizzate era del tutto estranea a quella dichiarata agli enti istituzionali;

i trasferimenti di denaro erano concentrati in un ridotto arco temporale.

La verifica della Guardia di Finanza della corretta applicazione della normativa antiriciclaggio, effettuata presso lo studio commerciale e il centro elaborazione dati, si era focalizzata sull'operatività di due società riconducibili a individui di origine araba. Il contesto e il volume del denaro movimentato lasciavano intuire che il controllo traesse origine da una precedente segnalazione da parte di un istituto bancario.

Contro il decreto ministeriale che irrogava la sanzione, il professionista presentò ricorso. Le prime eccezioni, peraltro consuete in questo tipo di contenziosi, riguardavano l'asserita prescrizione degli illeciti, ma non furono accolte e non sono oggetto dell'attuale disamina. Passando al merito della vicenda, si rilevava che gli operanti avevano sequestrato vari documenti relativi alle società in osservazione: visure storiche del registro delle imprese, fatture attive e passive, dichiarazioni fiscali, estratti conto dei rapporti bancari, corrispondenza email. 

Da tali documenti era emerso che un cliente:

- dichiarava di svolgere l'attività nel commercio all’ingrosso di computer e software;

- non aveva mai avuto dipendenti, eccetto il titolare; 

- aveva svolto l'attività per circa due mesi e aveva avuto un unico cliente operante in tutt'altro settore economico, con fatture emesse di rilevante importanza;

- presentava fatture d'acquisto di provenienza estera e dichiarava un reddito di poche migliaia di euro a fronte di un fatturato di alcuni milioni.

 

Dall’analisi della corrispondenza intercorsa per posta elettronica si evinceva che il professionista si era occupato della costituzione dell’impresa presso la Camera di Commercio e successivamente aveva gestito la contabilità del cliente registrando, tra l'altro, le fatture inviategli tramite mail.

Dagli atti era emerso inoltre il ruolo attivo di un soggetto, anch'egli straniero, che apparentemente nulla aveva a che fare con la società cliente, sebbene si occupasse della sua contabilità; era stata proprio questa persona a favorire il contatto iniziale tra il commercialista e la società in questione. Secondo quanto dichiarato dal commercialista si trattava del titolare di una ditta individuale, suo cliente da parecchi anni, il quale nella vicenda avrebbe avuto solo il ruolo di interprete. Tale società aveva esercitato l'attività unicamente per pochi mesi; in seguito, non avendone più avuto notizie, alle scadenze prefissate il consulente aveva presentato la comunicazione annuale IVA e le dichiarazioni fiscali per l'anno d’imposta trascorso, che non erano però state sottoscritte dal titolare della ditta. Nella contabilità non erano registrati costi per forniture (luce, gas, acqua) e previdenza sociale.

Secondo il Ministero, la ditta avrebbe dovuto essere segnalata, avendo effettuato “operazioni sospette”, ai sensi dell’art.41 d.lgs.231/2007, in quanto caratterizzate da evidenti e incontestabili elementi di anomalia enunciati nel D.M. Giustizia 16/4/2010 e negli schemi rappresentativi di comportamenti anomali di cui alla comunicazione dell’Unità Informazione Finanziaria del 15.2.2010. Secondo il Ministero, si trattava di condotta gravemente omissiva in presenza di dati fattuali connotati da plurimi indicatori di anomalia e schemi indicativi di comportamenti inconsueti. Più specificamente, sussistevano i seguenti indicatori di anomalia precisamente emessi per i professionisti dal D.M. Giustizia 16/4/2010:

- 4.1. Il cliente è accompagnato da altre persone (il cui ruolo non è stato accertato in occasione di contatti con il professionista) che sembrano avere un interesse diretto in merito alle modalità di esecuzione della prestazione; 

- 8. Richiesta di prestazioni professionali o del compimento di operazioni aventi oggetto ovvero scopo non compatibile con il profilo economico-patrimoniale o con l’attività del cliente ovvero con il profilo economico patrimoniale, o con l’attività dell’eventuale gruppo societario cui lo stesso appartiene; 

- 8.1. Consulenza per l’organizzazione di operazioni finanziarie non coerenti con l’attività commerciale sottostante;

- 8.6. Transazioni finanziarie di notevole importo, specie se richieste da società di recente costituzione, non giustificate dall’oggetto della società, dall’attività del cliente ovvero dell’eventuale gruppo societario cui lo stesso appartiene o da altri ragionevoli motivi; 

- 9. Richiesta di prestazioni professionali con modalità inusuali e palesemente ingiustificate rispetto al normale svolgimento della professione o dell’attività.

 

Il Ministero riteneva sussistere, altresì, schemi rappresentativi di comportamenti anomali concernenti le operatività connesse con il rischio di frode all’IVA intracomunitaria, elencati nella comunicazione dell’UIF in data 15.2.2010, in particolare:

- il profilo soggettivo era rappresentato da "imprese in precedenza non operative, ovvero di recente costituzione, operanti in settori economici interessati dalla movimentazione di elevati flussi finanziari";

- il profilo oggettivo da "vorticosa movimentazione del conto caratterizzata da flussi d’importo molto rilevante in un ristretto periodo di tempo; movimentazione del conto caratterizzata prevalentemente da ricezioni o trasferimenti di fondi da/verso l’estero per importi elevati; accrediti di assegni o bonifici di importo ingente disposti da operatori nazionali, ai quali fanno contestualmente seguito trasferimenti, tramite assegni o bonifici, verso altri Paesi della UE o verso paesi extra-UE; flussi in entrata contestualmente seguiti da trasferimenti di fondi privi di apparente giustificazione commerciale, in favore di altre società che non sembrano collegabili all’attività svolta dal cliente; movimentazione priva di addebiti per forniture (luce, gas, acqua), tributi (soprattutto versamenti IVA), previdenza sociale, o comunque caratterizzata da addebiti della specie in misura insignificante in rapporto ai volumi movimentati”.

 

Con riferimento alle eccezioni di merito del provvedimento, il ricorrente lamentava l’infondatezza delle contestazioni mosse per ciascuna delle operazioni e l’insussistenza dei parametri normativi che caratterizzano la “violazione qualificata” (art. 58, comma 2, d.lgs.231/2007) ravvisata a suo carico, oltre all'inosservanza del principio del favor rei che avrebbe comportato, in caso di effettiva sua responsabilità, l’applicazione di una sanzione molto minore di quella indicata nel decreto impugnato.  Nello specifico, l’attività cui si era occupato il commercialista si era limitata alla predisporre delle pratiche per l’apertura della posizione delle due ditte presso la Camera di Commercio, a tenere la contabilità e a presentare la dichiarazione dei redditi. Non sussistevano, invece, gli indici di anomalia indicati dal Ministero, tenuto conto che la documentazione fatta pervenire era stata sottoposta a un riscontro che aveva confermato i dati in essa evidenziati e tutte le operazioni finanziarie erano tracciate attraverso movimentazioni bancarie. 

Secondo il Tribunale le argomentazioni difensive del ricorrente non superavano le contestazioni mosse e, comunque, non erano condivisibili. Il d.lgs.231/2007, nel testo applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, prevede all’art.41 che i soggetti di cui all’art.12, comma 1, lett. a) e b) ovvero dottori commercialisti, esperti contabili, consulenti del lavoro; ogni altro soggetto che rende i servizi forniti da periti, consulenti e altri soggetti che svolgono in maniera professionale attività in materia di contabilità e tributi, come i centri elaborazione dati contabili,  sono tenuti a inviare, senza ritardo, all’Unità di informazione finanziaria (UIF) una segnalazione quando “sanno, sospettano o hanno motivo di sospettare” che siano in corso o siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo. Il sospetto o i motivi ragionevoli che inducono tale sospetto sono desumibili dai connotati oggettivi delle operazioni (caratteristiche, entità e natura), dai profili soggettivi del cliente (capacità economica e attività svolta) e da qualsiasi altra circostanza conosciuta in ragione delle funzioni esercitate.

Agevolano l’individuazione delle operazioni suscettibili di segnalazione i c.d. indicatori di anomalia, periodicamente aggiornati dalle autorità di vigilanza (nella fattispecie il D.M. Giustizia del 16/4/2010), e gli schemi comportamentali di cui alla comunicazione dell’UIF in data 15.2.2010, relativa alle operatività connesse con il rischio di frode dell’IVA intracomunitaria. I professionisti sono perciò tenuti a valutare, servendosi del proprio patrimonio informativo, l’operatività dei clienti con cui intrattengono rapporti, confrontando le caratteristiche oggettive delle operazioni e quelle soggettive del cliente. Vanno quindi segnalate non tutte le operazioni che eccedano dall’ordinario svolgimento del rapporto professionale, ma soltanto quelle oggettivamente e/o soggettivamente sospette. Nel caso di specie, dal momento che la ricostruzione dei fatti e dell’attività professionale del commercialista operata dalla Gdf non era oggetto di contestazione, sussistevano gli indici di anomalia e gli schemi comportamentali di rischio enunciati dal Ministero, giustificando ampiamente la contestazione della violazione e l’irrogazione della sanzione conseguente, in modo particolare: 

1. cliente accompagnato da altre persone, il cui ruolo non è stato accertato in occasione di contatti con il professionista, che sembrano avere un interesse diretto in merito alle modalità di esecuzione della prestazione; 

2. consulenza per l’organizzazione di operazioni finanziarie non coerenti con l’attività commerciale sottostante; 

3. transazioni finanziarie di notevole importo, richieste da società di recente costituzione, non giustificate dall’oggetto della società, dall’attività del cliente ovvero dell’eventuale gruppo societario cui lo stesso appartiene o da altri ragionevoli motivi.

 

Per tali ragioni le eccezioni furono tutte respinte dal Tribunale, tranne l'ultimo motivo di opposizione riguardante la sanzione irrogata; questa era già stata comminata dal Ministero secondo il principio del favor rei, nella misura più favorevole prevista dal d.lgs.90/2017 che ha modificato il d.lgs.231/2007; secondo il Giudice era sicuramente una violazione di natura qualificata, in quanto l’omessa segnalazione era caratterizzata da indubbia gravità. Era esente da ogni sorta di dubbio l’estrema superficialità della condotta tenuta dal commercialista a fronte dei numerosi elementi di sospetto disponibili, in primo luogo l’intensa operatività della ditta nell’arco di un brevissimo arco temporale. Giusta era l'applicazione dell'art.58 c.2 d.lgs. 231/2007, che punisce l’inosservanza dell’obbligo di segnalazione operazioni sospette con una sanzione da 30.000,00 a 300.000,00 euro. Il Giudice ritenne, tuttavia, di concedere un notevole sconto sulla sanzione che era stata irrogata dal Ministero per una cifra vicina al massimo previsto dalla norma.